Il Comitato per il NO nel referendum alle modifiche della Costituzione, costituito in forma di Associazione, sintesi dello statuto, composizione attuale del consiglio direttivo e incarichi.

Coordinamento per la Democrazia Costituzionale

Il Senato ha votato il testo della legge costituzionale di cui al d.d.l. Renzi-Boschi 1429 S. e 2613/b C. e il governo Renzi è intenzionato a farla approvare al più presto.

Contando sulla possibilità che si svolga il referendum previsto dall’articolo 138 della Costituzione è stato costituito il “Comitato per il NO nel referendum sulle modifiche della Costituzione” il 30 ottobre 2015 a Roma, nella forma di Associazione presso il notaio Atlante.

Il Comitato per il NO nel referendum previsto dall’articolo138  si è costituito sulla base della seguente piattaforma politica:

“Il disegno di legge costituzionale Renzi-Boschi di riforma della Parte II della Costituzione dissolve l’identità della Repubblica nata dalla Resistenza. È inaccettabile per il metodo e per i contenuti e lo è ancor di più in rapporto alla legge elettorale (52/2015) già approvata.

Nel metodo: è stato costruito per la sopravvivenza di un governo e di una maggioranza privi di qualsiasi legittimazione sostanziale dopo la sentenza con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del «Porcellum». Molteplici forzature di prassi e regolamenti hanno determinato in parlamento spaccature insanabili tra le forze politiche, portando all’approvazione da parte di possibili maggioranze raccogliticce e occasionali, rese unicamente dal premio di maggioranza dichiarato illegittimo.

Nei contenuti: la cancellazione della elezione diretta dei senatori, la drastica riduzione dei componenti — lasciando immutato il numero del deputati — la composizione fondata su persone selezionate per la titolarità di un diverso mandato (e tratta da un ceto politico di cui l’esperienza dimostra la prevalente bassa qualità) colpiscono irrimediabilmente 11 principio della rappresentanza politica e gli equilibri del sistema istituzionale. Non basta l’argomento del taglio del costi, che più e meglio poteva perseguirsi con scelte diverse. Né basta l’intento dichiarato di costruire una più efficiente Repubblica delle autonomie, smentito dal complesso e farraginoso procedimento legislativo, e da un rapporto stato-Regioni che solo in piccola parte realizza obiettivi di razionalizzazione e semplificazione, determinando per contro rischi di neo-centralismo. Il vero obiettivo della riforma è lo spostamento dell’asse istituzionale a favore dell’esecutivo. Una prova si trae dalla introduzione in Costituzione di un governo dominus dell’agenda dei lavori parlamentari. Ma ne è soprattutto prova la sinergia con la legge elettorale «Italicum», che aggiunge all’azzeramento della rappresentatività del senato l’indebolimento radicale della rappresentatività della camera dei deputati. Ballottaggio, premio di maggioranza alla singola lista, soglie di accesso, voto bloccato sui capilista consegnano la camera nelle mani del leader del partito vincente — anche con pochi voti nella competizione elettorale, secondo il modello dell’uomo solo al comando. Ne vengono effetti collaterali negativi anche per 11 sistema di checks and balances. Ne risente infatti l’elezione del capo dello Stato, dei componenti della corte costituzionale, del Csm. E ne esce indebolita la stessa rigidità della Costituzione. La funzione di revisione rimane bicamerale, ma i numeri necessari sono alla Camera artificialmente garantiti alla maggioranza di governo, mentre in Senato troviamo membri privi di qualsiasi legittimazione sostanziale a partecipare alla delicatissima funzione di modificare la Carta fondamentale. L’incontro delle forze politiche antifasciste in Assemblea costituente trovò fondamento nella condivisione di essenziali obiettivi di eguaglianza e giustizia sociale, di tutela di libertà e diritti. Sul progetto politico fu costruita un’architettura istituzionale fondata sulla partecipazione democratica, sulla rappresentanza politica, sull’equilibrio tra i poteri. Il disegno di legge Renzi-Boschi stravolge radicalmente l’impianto della Costituzione del 1948, ed è volto ad affrontare un momento storico difficile e una pesante crisi economica concentrando il potere sull’esecutivo, riducendo la partecipazione democratica, mettendo il bavaglio al dissenso. Non basta certo in senso contrario l’argomento che la proposta riguarda solo i profili organizzativi. L’impatto sulla sovranità popolare, sulla rappresentanza, sulla partecipazione democratica, sul diritto di voto è indiscutibile. Più in generale, l’assetto istituzionale è decisivo per l’attuazione dei diritti e delle libertà di cui alla prima parte, come è stato reso evidente dalla sciagurata riforma dell’articolo 81 della Costituzione. Bisogna dunque battersi contro questa modifica della Costituzione. Ora facendo mancare i,l voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti in seconda deliberazione. E poi con una battaglia referendaria come quella che fece cadere nel 2006, con il voto del popolo italiano, la riforma — parimenti stravolgente — approvata dal centrodestra.

Per queste ragioni il Comitato per il No nel referendum sulle modifiche della Costituzione ritiene che occorra impedire che questa “riforma” cambi il volto costituzionale delle nostra Repubblica. Su queste basi si è proceduto a costituire Il Comitato per il NO nel referendum costituzionale che si propone dí difendere i principi della vigente Costituzione Repubblicana; e si propone inoltre di promuovere nelle forme previste il referendum previsto dall’art. 138 Cost. contro la legge costituzionale di cui al d.d.l. Renzi-Boschi 1429 5. e 2613 – b C. qualora questa venisse definitivamente approvata, sempre che nel frattempo le Camere non abbiano eliminato o modificato gli articoli palesemente contrari ai principi supremi della Costituzione che al momento la caratterizzano”.

A questo scopo si è costituita una Associazione senza scopo di lucro denominata:

“Comitato per il No nel referendum sulle modifiche alla Costituzione”.

La associazione è stata promossa dal Coordinamento per la democrazia costituzionale. La associazione ha sede in Roma, Corso d’Italia 97, presso lo studio dell’avvocato Pietro Adami.

La associazione è regolata dallo statuto ed ha come scopo immediato quello di promuovere la vittoria dei NO nel futuro referendum costituzionale. E’ ammessa l’adesione successiva all’associazione da parte di soggetti che ne facciano richiesta scritta (anche via mail) al Consiglio Direttivo (di cui verrà presto fornita la mail dedicata). Questa richiesta può essere rigettata dal quorum della maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio direttivo.

Il consiglio direttivo dell’Associazione “Comitato per il No nel referendum costituzionale” è composto da:

Gustavo Zagrebelsky (presidente onorario), Alessandro Pace (presidente), Pietro Adami, Alberto Asor Rosa, Gaetano Azzariti, Francesco Baicchi, Vittorio Bardi, Mauro Beschi, Felice Besostri, Francesco Bilancia, Sandra Bonsanti, Lorenza Carlassare, Sergio Caserta, Antonio Caputo, Claudio De Fiores, Riccardo De Vito, Carlo Di Marco, Giulio Ercolessi, Anna Falcone (vice presidente), Antonello Falomi (tesoriere), Gianni Ferrara, Tommaso Fulfaro (cassiere), Domenico Gallo (comitato esecutivo), Alfonso Gianni, Alfiero Grandi (vice presidente vicario), Raniero La Valle, Paolo Maddalena, Giovanni Palombarini, Vincenzo Palumbo, Francesco Pardi, Livio Pepino, Antonio Pileggi, Marta Pirozzi, Ugo Giuseppe Rescigno, Stefano Rodotà, Franco Russo, Giovanni Russo Spena, Cesare Salvi, Mauro Sentimenti, Enrico Solito, Armando Spataro, Massimo Villone, Vincenzo Vita, Mauro Volpi.

Il consiglio direttivo ha definito la quota associativa annua in 50 euro che tutti gli associati al Comitato a partire dal consiglio direttivo dovranno versare con le modalità che verranno comunicate al più presto dal tesoriere.