ITALICUM: ELIMINA IL VOTO PERSONALE E DIRETTO

Lunedì 12 settembre gli avvocati Felice Besostri, coordinatore nazionale dei legali anti-Italicum, e il suo collega Angelo Iannoccone hanno depositato in Corte Costituzionale una memoria a sostegno dell’ordinanza del tribunale di Torino contro la nuova legge elettorale, che sarà discussa dai giudici della Consulta il 4 ottobre. Molte le istanze contenute nella memoria, dove viene sottolineato il “legame perverso” tra legge elettorale e revisione costituzionale, si stigmatizza il rafforzamento dei  poteri del premier a discapito di quelli del Parlamento e del presidente della Repubblica; si mettono in rilievo i meccanismi giudicati incostituzionali del premio di maggioranza, che così com’è costituisce “un’insanabile contraddizione costituzionale”. Tra le altre richieste, nella memoria si fa istanza affinché la Corte allarghi il proprio esame anche ad altre questioni non esplicitamente sollevate dal tribunale di Torino, ma che possono essere con queste connesse. Una richiesta che punta quindi a far sì che la Corte ampli il proprio raggio d’azione e di verifica.
L’iniziativa è stata presentata in una conferenza stampa con lo stesso Besostri e con il costituzionalista Massimo Villone, presidente del Comitato anti-Italicum. Una legge giudicata incostituzionale nel merito ma anche nel metodo. “In commissione Affari costituzionali al Senato – ha detto Besostri – non c’è  stata la fase referente prima dell’Aula. E alla Camera la legge elettorale è passata con il voto di fiducia: un fatto che ha solo due precedenti, nel 1923 con la legge Acerbo e nel 1953 con la cosiddetta legge truffa”. L’esito, secondo Besostri, è che “abbiamo una legge molto simile al Porcellum, ma un po’ più furba e un po’ più ipocrita”: con il meccanismo del ballottaggio attribuisce “un premio inversamente proporzionale al consenso elettorale ottenuto”; elimina il “voto personale e diretto”; “rafforza i poteri del premier e diminuisce quelli del Parlamento e del presidente della Repubblica”; crea tre tipi di cittadini: “quelli A di Val d’Aosta e Trentino che scelgono i loro rappresentanti al primo turno, quelli B cioè tutti gli italiani, quelli C, cioè quelli della circoscrizione estero che non partecipano più al ballottaggio”.
“Il nesso tra Italicum e riforma costituzionale secondo noi è centrale – ha aggiunto Villone – e il dibattito in corso lo dimostra”, ma “non prendiamo parte ad alcuna guerra, termine che è stato utilizzato in questi giorni, non ci interessa la sorte del governo”. Quello che si vuole sottolineare ancora una volta è la “continuità indiscutibile tra Italicum e Porcellum. Sarebbe grave se la Consulta si sottraesse ad una pronuncia coerente con la sentenza del 2014” (quella che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum). “Sappiamo che ci sono sussurri, rumors – ha aggiunto Villone – secondo cui la Corte vorrebbe sottrarsi al giudizio con una pronuncia di inammissibilità: a noi non sembra possibile, siamo fiduciosi che ci sarà una pronuncia in linea con la decisione sul Porcellum”. Quanto al dibattito politico in corso, Villone ha voluto ribadire che in campo ci sono “due modelli alternativi e contrapposti: uno che accentra il potere nelle mani dell’esecutivo; l’altro che valorizza la rappresentanza democratica, la partecipazione e il diritto di voto. Piccole limature o modifiche all’italicum non sono certo un motivo sufficiente per cambiare posizione e per dire sì alla riforma costituzionale”.
Le ordinanze giunte alla Corte dal tribunale di Torino e anche da quello di Messina non esauriscono comunque tutte le questioni di costituzionalità sollevate dagli avvocati anti-Italicum (quasi un centinaio in tutta Italia). Da qui la richiesta che la Corte allarghi l’esame. Una possibilità, visto che la Corte può esaminare alcune norme strettamente connesse con quelle oggetto delle ordinanze: “La legge elettorale, infatti, diversamente dalle altre leggi è un tessuto interconnesso – ha spiegato Villone – Toccare un singolo tassello può comportare contraddizioni nella legge in via consequenziale”.
Ma il 4 ottobre c’è la possibilità di un rinvio visto che è in corso un dibattito politico sulle modifiche all’Italicum? “Un rinvio – ha detto Besostri rispondendo ai giornalisti – sarebbe molto difficile: la motivazione non potrebbe non essere politica”, tanto più che la politica discute di nulla visto che non c’è un testo base sul quale fare delle valutazioni”. Se la Corte costituzionale decidesse un rinvio con questa motivazione “dovremmo preoccuparci per la salute della Repubblica” chiosa Villone, che comunque non crede a questa possibilità: la Consulta deve pur sempre “mantenere una propria immagine di dignità e onorabilità”.
I ricorsi presentati contro l’Italicum sono 23, in altrettanti Tribunali civili delle città capoluogo di distretto. Tre giudici hanno rimesso l’Italicum alla Consulta (Messina il 17 febbraio, Torino il 5 luglio e Perugia il 9 settembre). Tre giudici hanno respinto i ricorsi, due hanno rinviato a dopo il 4 ottobre; di altri 13 non si ha notizia.

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